CIMA GRANDE   Via HASSE-Blandler

PER PARETE NORD (VIA DIRETTA)

Primi salitori:  D. Hasse, L. Brandler, S. Lów e J. Lehne, 6-10 VIII 1958

Via difficilissima e di estremo interesse tecnico; viene considerata la più completa e impegnativa delle Tre Cime di Lavaredo paragonabile alle recenti vie moderne.

Difficoltà:  6° gr., 6° sup. e  A0

Difficoltà in libera:  6°, 6°+, 7°, 7b

Coefficiente di Difficoltà: 6554; 7379 in libera completa     Coefficiente Globale: 7864;  8854 in libera

(45*8) +(20*5)+(20*10) +(10*16)+(10*18)+(10*10) +(10*8)+(10*10) +(25*16) +(25*10) +(20*8)+(20*16) +(20*3)+(20*0,7) +(10*10)+(10*16) +(10*18) +(45*16) +(40*19) +(20*16)  +(20*8)+(20*10) +(15*16)+(15*10) +(15*8)+(15*5) +(15*8)+(15*16) +(25*10) +(25*3)+(25*8) = 6554

(45*8) +(20*5)+(20*10) +(10*16)+(10*18)+(10*20) +(10*8)+(10*10) +(25*19) +(25*19) +(40*18) +(10*10) +(10*16) +(20*3)+(20*0,7) +(10*19)+(10*21) +(15*21)+(10*20) +(20*20)+(20*22) +(20*19) +(20*8)+(20*10) +(15*16)+(15*10) +(15*8)+(15*5) +(15*8)+(15*18) +(25*10) +(25*3)+(25*8) = 7379  in completa libera

Dislivello:  550 m.; 70 chiodi di via (180 ch. usati dai primi salitori)

Sviluppo: 605 m.

Rischio: R4

Soste: a Spit

Tempi:  mediamente 11-12 ore

MIE IMPRESSIONI

Percorsa nel tardo Settembre 1997 (54 anni) con il solito Renato Bernard.

E’ una via completa , infatti nel tratto inferiore si arrampica su una muraglia gialla povera di appigli e completamente in libera, mentre nel tratto superiore si deve vincere un diedro ad arco strapiombante di una difficoltà e faticosità mai visti, per terminare in camini strapiombanti.

Nel primo tratto bisognerebbe munirsi di pannolino di contenimento, mentre nel secondo occorrerebbero 2 braccia di ricambio.

Non si può più parlare di via Hasse - Blandler perché qualcuno ha avuto l’idea di schiodarla (nel primo tratto non ci sono più di 1 - 2 chiodi per tiro) , nel secondo tratto dove Hasse munito di staffe sarà salito da chiodo a chiodo (A1) , ora bisogna uscire in libera con difficoltà di 7a/7b/7b+ e dove c’è il chiodo è A3.

Noi ci abbiamo messo 12 ore (10,30 h. senza l’errore di itinerario).

1° Tratto

Si tratta di salire in obliquo a sinistra traversando praticamente quasi tutta la parete Nord.

Si sale per ore e le ghiaie sono sempre alla stessa altezza.

Questa parte sarà alta 250 metri , ma se ne percorrono almeno 400, le difficoltà sono di 6° - 6°+ pressoché continuo.

Lo stato d’animo con cui si affronta è diviso a metà, metà si concentra sulla salita e dove andare , l’altra metà guarda il possibile pendolo e valuta i possibili danni derivanti.

La parete accetta solo qualche nuts , non ci sono fessure grandi.

In compenso ora le soste sono con uno o due spit e sicure.

Questa parte l’ho fatta bene , in compenso non era giornata, perché mi si è sflilato il casco che è finito sulle ghiaie e poco più tardi seguito dal passamontagna giallo.

Siamo a Nord , e a fine Settembre e fa freddo.

Alla fine del primo tratto dove si vede sopra la testa lo strapiombo a Renato viene un’idea.

Dalla sosta vede una serie di spit che vanno verso destra e forse non gli sembra vero tanto ben di Dio e inizia a seguirli.

Io continuavo a dirgli : guarda che Hasse non sapeva neanche cosa fossero gli spit e quindi quelli sono di un'altra via moderna (probabilmente la via Das Phantom der Zinne di Christoff Heinz (il fantasma della Cima).

Lui ostinato parte e va , gira uno spigolo e non lo vedo più, la corda continua a salire e scendere.

Lui non parla e solo dopo molto tempo mi dice che deve scendere perché non ce la fa a salire.

Lo calo , ma deve sacrificare 2 moschettoni per rientrare alla sosta.

In sosta mi dice che non ce la faceva perché era 7c (?) e gli mancava proprio poco a raggiungere lo spit successivo.

Tra di me ero tutto soddisfatto che non c’era riuscito, perché se fosse uscito mi chiedo come avrei fatto io (non sono mica BUBU Bole).

Proseguiamo a sinistra per la via giusta , ma tutta sta menata ci è costata 1,30 ore che pagheremo in seguito con un freddo bivacco in cima.

2° Tratto

Si tratta di una grossa cornice a forma di arco sporgente dalla parete quasi un metro e che poi si trasforma in diedro con la faccia sinistra strapiombante , ascendente e bagnata, la faccia destra è costituita dalla parete che è praticamente liscia.

La tecnica per salirla sarebbe in spaccata con i piedi sulle 2 facce e in opposizione , ma siccome la parte destra non offre tante possibilità si finisce col ripiegare in arrampicata diritta sul lato sinistro dove c'è qualche chiodo.

Questo comporta uno squilibrio che deve essere compensato con le braccia che con l’andar del tempo si esauriscono.

Questa musica va avanti per ben tre tiri consecutivi, io all’ultimo quasi alla sosta ho mollato tutto (avevo i crampi alle braccia , una cosa più grave della solita ghisa).

Ci sarà voluto mezz’ora per recuperare un po’ di forza.

Dulcis in fundo dopo un tiro di media difficoltà si presenta un camino liscio e strapiombante che mi ha esaurito le forze restanti , comunque in qualche maniera sono riuscito a salire.

Poi ancora caminetti e finalmente la cengia circolare (la Vetta !!!).

Guardo l’ora sono le 20 , ci incamminiamo sulla cengia con direzione verso sinistra.

Il sole stava già tramontando e quando arriviamo al punto dove dovrebbe esserci la catena di calata è già buio pesto , non c’è neanche la Luna, e non riusciamo a trovarla.

Io comincio a guardarmi attorno per trovare un posto per un bivacco riparato.

Alla fine lo trovo, una grotticina con già dei muretti costruiti da qualche altro tapino come noi.

Renato è inquieto e non è convinto di bivaccare , vuole scendere a tutti i costi.

Per me è già la seconda volta che scendo da sta montagna e so bene quanto è complicata la discesa (figurarsi al buio).

Gli spiego, ma non vuol capire, e mi rifiuto di muovermi da dove sono.

Decide di provare a scendere e vuole portarsi via tutte e due le corde.

Gli dico che una me la deve lasciare , altrimenti il mattino dopo come facevo a scendere.

Poi parte con una sola corda e una pila da campo, mentre io comincio a sistemare il giaciglio.

Come prevedevo dopo circa mezz’ora ritorna dicendomi che non si fidava a scendere in quei canalini infidi.

Faceva freddo e spirava un forte vento freddo e fastidioso.

Il vento penetrava anche nella grotticina , arrivava fino alle ossa.

Il mio abbigliamento consisteva nel pullover , Kywait , pantavento , calzini di cotone corti e guanti (il casco e il passamontagna li avevo persi in salita).

Lui aveva una bella giacca a vento imbottita, cappello, guanti e calze di lana lunghe.

Comincia una lunga notte, che so che sarà insonne, prego Nostro Signore di farmi arrivare a mattina.

Renato dopo un po’ si addormenta e russa pure.

Io continuo a fumare e il freddo mi assale sempre più.

Ogni tanto esco dalla grotta per fare un giro e muovere le gambe che si stanno atrofizzando.

Verso mattina credo di aver fatto un sonnellino di qualche minuto.

All’alba usciamo dall’albergo a 4 stelle (che ci avevamo costruito) e ci muoviamo per scaldarci.

Il mio piede sinistro rimane freddo, di pietra e non accenna a scaldarsi.

Partiamo e per incanto in pochi minuti troviamo la catena di calata e facciamo 2 calate.

Alla fine di queste troviamo una guida di Sesto Pusteria con cliente che ci chiede da dove arriviamo.

Dopo avergli spiegato quello che avevamo fatto , ci dice :

ma per fare la via siete partiti a mezzogiorno !!

Se avessi avuto le forze gli avrei mollato un pugno.

E' stato comunque utile indicandoci una via più breve di discesa per chi va verso il Rifugio Auronzo.

Poi come tutte le avventure finiscono in gioia .

Il piede però anche quando ero a casa continuava a fare male e per metterlo a posto ho dovuto andare all’ospedale.

In compenso dopo tutto il freddo che ho preso non mi è venuto né raffreddore né febbre.

In conclusione una via sofferta di cui porto un gran ricordo e una delle mie più grandi realizzazioni.

Ho letto che Huber ha fatto la via in solitaria e in libera, mi vengono i brividi solo a persarci, e dimostra come le difficoltà siano un fatto molto soggettivo e a quale livello siano giunte le capacità arrampicatorie.

Per mia soddisfazione personale, Huber l'ha valutata 7b.

Spero che non ci sia qualche genietto (c'è ne sono sempre) che pensi di togliere ancora qualche chiodo trasformando la via in una nuova "via del Pesce" con la variante di essere strapiombante e, voilà ecco a voi una nuova via, che si potrebbe battezzare poi "via del Pesce Volante".

Certe cose sarebbe meglio che rimangano, nei sogni indotti dall' hashish, piuttosto che trasformarsi in realtà.

ACCESSO

Dal rifugio Lavaredo seguire il sentiero che conduce alla forcella Lavaredo.

Seguire una traccia verso sinistra che attraversa alla base delle pareti Nord.

L'itinerario parte sul lato destro della parete.

SALITA

La via si sviluppa in basso attraverso la parete gialla, caratteristica per la forte verticalità e levigatezza; nel mezzo segue il grande diedro strapiombante, e, nella parte superiore grigia, una serie di camini.

La via può quindi essere divisa in tre parti:  

1) parete gialla;  2) grande diedro; 3) camini e rocce terminali.

1) La parete gialla si supera con 6 lunghezze di estrema difficoltà e in parte da superare in salita libera (6°/7°).

L’attacco è in corrispondenza di due lastre di roccia a scalino, a sinistra delle rocce di attacco della via Comici-Dimai.

La parete prosegue lungo due fessure successive, superato uno strapiombo si arriva ad un pilastro spaccato (sosta).

Traversare sotto il grande diedro, si incrocia la filata dei chiodi della Via dei Sassoni.

2) Le 4 lunghezze di corda con cui lo si supera sono di estrema difficoltà (era A).

Segue una lunghezza di corda in arrampicata libera che, con minori difficoltà, porta sulla cima di una sporgenza di roccia grigia a forma di pilastro (libro della parete).

3) I canali di uscita che partono da questo punto cominciano di nuovo con una lunghezza di corda difficile.

La successiva scalata fino alla vetta, ha delle difficoltà decrescenti, con una dozzina di buoni punti di sosta.

Le difficoltà maggiori si trovano nella parte inferiore chiara della parete, la quale però offre nelle maggiori lunghezze di corda (c. 35 m.) ottimi posti di sosta.

Durante la prima salita, nelle 25 lunghezze di corda, furono impiegati in totale 180 ch. e alcuni cunei di legno.

Attacco nella parte destra della parete gialla in corrispondenza di due lastre di roccia a forma di scalino, sopra un salto di roccia alto 8 m., c. 75 m. a sinistra dell'avancorpo dove ha inizio la Via Dimai-Comici.

Sopra la detta parete (ch.) proseguire lungo due fessure successive e, superando uno strapiombo, fino ad un pilastro spaccato (posto di sosta).

Continuare su un lastrone rotto tenendosi prima verso destra e poi in obliquo verso sinistra.

Alcuni metri sopra una piccola cengia, traversare a sinistra, si incrocia la via dei Sassoni, fino ad una fessura che presenta alla fine una piccola sporgenza (punto di sosta).

Superato un tetto si procede prima a destra e poi a sinistra (arrampicata su chiodi) per raggiungere un piccolo posto di sosta.

Obliquare a sinistra e poi salire verticalmente (ch.) per un pilastro (posto di sosta).

Scalare un gradino della parete (ch.) e poi salire a destra, poi traversare a sinistra e poi  proseguire in verticale fino a una cengia inclinata (posto di sosta).

Traversare sulla cengia per circa 10 m. verso sinistra.

Superati un salto di roccia e una fessura su un grande pilastro di roccia sporgente (posto di sosta), raggiungere, con leggera traversata e perdendo un pò di quota, la cengia sotto il grande diedro (buon posto da bivacco).

Il diedro è superabile quasi esclusivamente a mezzo di chiodi o con grandi difficoltà (ora molti sono stati tolti o sono usciti).

Salirlo fino ad arrivare sotto un primo tetto e tramite una fessura alzarsi sotto il tetto successivo (punto di sosta pendente).

Seguono altri tetti da superare seguendo i chiodi (a destra punto di sosta su una piccola sporgenza).

Traversare quindi a sinistra per una fessura strapiombante fino ad una sporgenza nel diedro (posto di sosta).

Superare una pancia di roccia per arrivare ad un colatoio (punto di sosta).

Salire a 3 successivi terrazzini a destra del pilastro grigio sopra la grande parete gialla (buon posto da bivacco).

Da qui, lungo fessure per 7-8 lunghezze di corda, salire alla grande terrazza (la prima lunghezza di corda è di 6° gr.; le altre prevalentemente di 4°- 5°; lungo il percorso, un grande blocco strapiombante di 6°).

Se si vuole scendere direttamente senza andare in cima percorrere la terrazza verso sinistra (viso a monte).

Altrimenti se si vuole andare in cima dalla terrazza andare a destra fino ad un chiodo.

Salire in obliquo a destra per un colatoio bagnato che in parte bisogna evitare sulla sinistra.

Superare una placca e lungo delle rocce rotte raggiungere la punta orientale e poi la vetta.

DISCESA

Si effettua lungo la via normale sul versante sud.

Dall'ultimo tiro traversare verso sinistra lungo la grande cengia fino agli ometti della via normale.

Scendere in un canale camino con due corde doppie da 60 metri.

Continuare in arrampicata facile fino alle ghiaie sottostanti, seguire gli ometti verso sinistra e poi con una breve doppia arrivare in prossimità di una forcella.

Raggiungere la forcella ( versante sud-est ) che si affaccia su un ripido canalone ( est ) che si può scendere con numerose corde doppie o in arrampicata.

Il salto finale si evita traversando lungo una cengia verso sinistra, scendere una rampa gradinata alla cui fine si raggiunge il canalone detritico che divide la Cima Grande dalla Piccola.