Monte Bianco 4807 m
MIE IMPRESSIONI
Salito per la via Italiana dal Rifugio Gonella una prima volta nell'Agosto 1965 con Lucio Arduino e
poi ripetuta nel Luglio 1966 con Ugo Banfi.
La 1° volta abbiamo trovato in fondo al ghiacciao del Miage diversi crepacci aperti, per saltarne alcuni
di essi è stato necessario ricorrere al salto in lungo con rincorsa.
Per evitare quelli troppo grandi abbiamo dovuto fare un percorso a zig-zag, segnando qua e la con dei sassi
per creare un riferimento utile per la discesa.
Arrivare al Rifugio Gonella è stata una bella faticata, tanto e vero che mi sono mangiato 3 pasta asciutte tanta era la fame.
Il giorno dopo la giornata non era bella, con nebbia fitta che ci faceva vedere a malapena le tracce di passaggio.
Alla fine noi crediamo di essere arrivati in vetta, ma non abbiamo goduto niente.
Il panorama l'abbiamo visto solo a squarci solo quando il vento spostava le nuvole.
Sono tornato una 2° volta l'anno seguente con Ugo Banfi nella speranza di trovare
una bella giornata.
Il primo giorno era stupendo, ma il giorno dopo il tempo stava di nuovo a volgere al brutto.
Questa volta siamo riusciti a vedere qualcosa e c'erano anche diversi alpinisti che ci hanno tenuto compagnia.
La salita in sè non è difficile, ma è lunga e faticosa e l'altitudine si fa sentire nei movimenti e
nel fastidio al cervelletto.
Il Monte Bianco è proprio una gran bella montagna che unisce la maestosità all'amenità
delle sue svariate cime, con un mix indovinato di rocce e neve.
Direi che è il nostro più bel 4000 e vale la pena scalarlo.
Cresta delle Bosses (per il rifugio Gonella e il Col des Aiguilles Grises)
La via normale italiana al Bianco è alpinisticamente una salita più bella e varia della via normale francese dall'Aiguille du 
Gôuter.
Il severo ambiente glaciale in cui si è immersi e l'affollamento molto minore (almeno sino al Dôme du Goûter) depongono
certamente in suo favore; per contro è leggermente più impegnativa. 
Il ghiacciaio del Dôme presenta in genere una buona traccia, ma è anche molto crepacciato e 
complicato da risalire, a volte addirittura impercorribile in annate particolarmente secche o 
a stagione avanzata.
Se si scende per questo itinerario, l'attraversamento del ghiacciaio al ritorno (specie sotto il caldo sole pomeridiano) 
richiede prudenza ed attenzione costante.
La cresta tra il Piton des Italiens e il Dôme du Goûter può presentare qualche cornice pericolosa. 
                              Difficoltà:              PD+ ( I / 40° )
                              Dislivello:             1400m + 1800m
                              Tempi:                  4h-5h30 + 6h-8h30

Dal ponte di Plan Lognan (1670 m) in val Veny, lungo la strada dapprima asfaltata e poi sterrata, si raggiunge 
la conca erbosa dove sorge il bar Combal (1970 m). [1h]
Da qui si segue il sentiero che guadagna il filo della morena laterale destra del ghiacciaio del Miage che si 
percorre sino al suo termine.
Si raggiunge il centro del ghiacciaio (qualche crepaccio, in genere non pericoloso).
E' anche possibile giungere a questo punto seguendo il bel sentiero che evita la strada asfaltata 
iniziale: dall'area pic nic Miage di Plan Veny (1565 m), dopo aver superato la deviazione per il rifugio Monzino, 
si passa dal lago delle Marmotte (1957 m) e si raggiunge il ghiacciaio a quota 2150 metri (stesso tempo di 
percorrenza).
Si percorre, rimanendo al centro, tutto il lungo ghiacciaio, coperto da pietre e detriti morenici, seguendo le segnalazioni e
gli ometti presenti  (anche qualche pezzo di un aereo precipitato molti anni fa), ed oltrepassando gli innesti (sulla destra) dei 
ghiacciai del Monte Bianco e del Dôme.
Giunti in vista dei contrafforti delle Aiguilles Grises, la pendenza aumenta ed è necessario spostarsi a sinistra per evitare 
una zona crepacciata, prima di raggiungere sulla destra la partenza del ripido sentiero per il 
rifugio Gonella (2650 m).
Il sentiero, in parte attrezzato, sale in diagonale verso destra attraverso una zona di terrazze detritiche (Chaux de Pesse), 
superando anche un piccolo nevaio prima di guadagnare lo sperone roccioso (corde fisse) che conduce al rifugio 
(3072 m). [3h30-4h]
Dal rifugio Gonella, lungo delle tracce tra neve, sfasciumi e rocce, ci si porta sul ghiacciaio del Dôme.
In principio lo si risale stando sulla sinistra (qualche crepaccio, in genere è presente una buona traccia),
poi ci si sposta verso il centro: qui è necessario fare attenzione ai numerosi crepacci presenti.
In seguito si risale il ramo occidentale del ghiacciaio, di solito stando piuttosto sulla destra per 
evitare anche qui i grandi crepacci che tagliano il pendio; raggiunto il bacino superiore si supera 
(piuttosto sulla sinistra) la terminale e, per un ripido pendio (40°), si raggiunge il Col des Aiguilles Grises  (3811 m).
E' anche possibile arrivare a questo colle seguendo dal rifugio Gonella la rocciosa cresta delle 
Aiguilles Grises, scavalcando o aggirando sulla sinistra i rilievi più marcati; percorso più sicuro ma un po' più 
lungo e faticoso del precedente e poco frequentato, utile (specie per la discesa) nel caso in 
cui il ghiacciaio del Dôme si trovi in brutte condizioni.
Si prosegue lungo la cresta di neve e facili rocce sino a raggiungere la poco evidente puntina 
rocciosa del Piton des Italiens (4003 m), posto sulla cresta che collega l'Aiguille de Bionnassay al Monte Bianco.
Risalendo la cresta nevosa, inizialmente aerea e con cornici, si guadagna un'evidente spalla (4153 m), da dove
si può scegliere se scavalcare il Dôme du Goûter o traversare a mezza costa lasciandone 
la cima alla propria sinistra e raggiungendo così il Col du Dôme (4240 m).  [4h-6h]
Da qui si risalgono i primi pendii della cresta delle Bosses fino a raggiungere il rifugio Vallot (4362 m);
Si segue da qui la cresta di neve, inizialmente per un dosso un po' ripido e quindi lungo il filo.
Si superano la Grande Bosse (4513 m) e la Petite Bosse (4547 m) lungo la cresta piuttosto stretta 
ma mai veramente affilata.
Più avanti si aggirano sulla sinistra i Rochers de la Tournette (4677 m) e quindi, dopo un tratto di pendio aperto, 
si raggiunge la vetta lungo l'aerea cresta sommitale.  [2h-2h30]
In discesa si può seguire semplicemente la via di salita, oppure scegliere tra la traversata verso 
l'Aiguille du Midì  o la discesa per l'Aiguille du Gouter.
Altra Relazione Via normale Monte Bianco  dal Rifugio Gonella
Monte Bianco - 4807 m
                              
                  Punto di partenza: Aosta - La Visaille, sbarra strada Val Veny (q.1650 m)
                  Versante di salita: W-E
                  Dislivello di salita: 3210 m
                  Dislivello totale:    6420 m
                  Tempo di salita:   10,30 h
                  Tempo totale:      18,00 h
                  Difficoltà:              EEA - AG - PD+  (scala difficoltà)
                  Periodo consigliato: luglio - agosto
                  Punti di appoggio: Rif. Gonella (q. 3071 m) - Cap. Vallot (q. 4362 m)
                 Tipo di salita:         Traccia su ghiacciaio 
Accesso:
La salita al Rif. Gonella si svolge attraverso la morena del lungo e  piatto Ghiacciao del Miage (~10 Km) (disl. 1420 m, circa 4 ore).
Dalla sbarra di La Visaille lungo la strada della Val Veny seguire la strada e il sentiero che la taglia fino al Lago di Combal (40').
Da qui col sentiero dietro al bar Miage che porta sul filo di cresta sinistro (destra orografica) della morena del Ghiacciao del Miage, 
da seguire con tratti affilati fino al suo esaurimento presso un grosso masso.
Da qui spostarsi a destra verso il centro della morena in direzione di un ometto di pietre e, cercando con attenzione gli 
scarsi e poco visibili ometti, risalire con poca pendenza la morena di massi e ghiaie.
Si passa attraverso alcuni enormi massi, portandosi sulla cresta della morena centrale, da seguire fin dove 
finisce sul ghiaccio scoperto con dei rivoli d'acqua. 
Attraversare il ghiacciaio in obliquo verso sinistra, con qualche crepaccio, in direzione di una parete rocciosa e continuare al centro 
del ghiacciaio poco pendente e piatto.
Ritornare verso destra sulla morena da risalire verso destra, uscendo di nuovo sul ghiaccio, 
con traccia più evidente.
Attraversare verso destra un ponte su un grande crepaccio, salendo sul pendio roccioso e erboso di fronte, 
in cui sono presenti dei bolli gialli e una traccia di sentiero. 
Risalire dei tratti ripidi e facili rocce, alcuni tratti sono attrezzati con catene e scalette di ferro.
Risalire un lungo e pendente nevaio, in obliquo verso destra, poi per altri tratti attrezzati, passi di I grado e massi si raggiunge il Rif. Gonella 
(3,45 ore).

Descrizione della salita:
Dal Rif. Gonella seguire la traccia che taglia il pendio roccioso sul quale sorge il rifugio e con qualche saliscendi ci si porta alla 
pista sul Ghiacciao del Dome.
Si supera quasi subito un largo crepaccio per un ponte.
Si continua per la traccia a volte poco evidente aggirando vari crepacci e superandone alcuni direttamente, risalendo il lato sinistro del ghiacciaio.
Si sale un pendio ripido e si supera una terminale giungendo ad un pianoro solcato da un enorme crepaccio di circa 10 m di larghezza, 
su cui è posta una scala di legno orizzontale ben ancorata da attraversare carponi, senza farsi impressionare dai 20 m di vuoto 
sottostante.
Risalire un ripido pendio che poi con traversata verso destra porta ad un colletto (Col des Aiguille Grises) da cui si 
risale la cresta prima di neve e poi di rocce rotte e sfasciumi per un centinaio di metri, finché la cresta non ridiventa di neve e 
ghiaccio e con un tratto aereo ed affilato porta ad un pianoro sotto al Dome du Gouter.
Risalire direttamente il pendio che sale alla calotta del Dome (4306 m) e da qui seguendo una traccia con dei 
paletti scendere al Col du Dome, dove si congiunge la via normale francese.
Risalire per ripido pendio alla Cap. Vallot (4362 m - 4 h e 45 m fino a qui).
Attraverso un pianoro ci si porta all'inizio della cresta delle Bosses, da risalire con percorso a svolte nella parte 
inferiore e poi a destra del filo di cresta della prima gobba e lungo la cresta della seconda gobba, con veduta sullo 
scivolo della parete N del Bianco.
Lasciare a destra delle rocce affioranti e continuando per l'affilata cresta, prima in salita e poi in piano, si giunge sulla cima a forma di larga cresta 
orizzontale (1 h 50 m).

Discesa:

Dalla cima scendere verso sinistra (parte opposta da cui si è saliti) il pendio NNE direttamente e per un breve tratto ripido si 
arriva ad un vasto plateau.
Proseguire quindi sempre con discesa diretta giù per il ripido pendio del Mur de la Cote (100 m fino a 35°)
che porta al grande plateau del Col de la Brenva, tenersi a sinistra, lontano dalle enormi cornici che a destra 
sono sospese sul Ghiacciao della Brenva.
Attraversare il colle, risalendo sotto il pendio N che sale alla cima del M. Maudit 
4468 m, facile da salire, per ripida salita di 160 m, discesa traversando dall'altro lato NE prima e N poi).
Lasciando a destra la traccia per il M. Maudit risalire ad arco ad una spalla (Col du M. Maudit, 4354 m),
da cui si scende un ripido pendio gradinato con corda fissa (circa 60 m a 40°).
Scendere il pendio tagliando la traccia a svolte o seguendola se la crepaccia terminale è aperta, 
seguendo poi la pista che con un lungo arco prima in piano e poi in leggera salita porta al cresta W del M. Blanc de Tacul,
circa a q. 4100 m.
Da qui si sale banalmente in leggera salita alla cima (4268 m).
Dalla cresta scendere direttamente o per svolte il versante N del Tacul, scendendo un facile canale gradinato fino al bordo di un 
seracco di circa 25 m di altezza.
Attraversare verso sinistra su cengia di ghiaccio, sotto la parete superiore del seracco, fino al lato sinistro in cui si scende dentro
una spaccatura (camino) nel ghiaccio di 10 m circa, gradinata e con due corde fisse ancorate in modo poco sicuro.
Lungo la cengia sono presenti dei paletti di legno per calate in doppia, non raccomandabili. 
Alla fine del camino passare il crepaccio parzialmente chiuso e proseguire in discesa diretta al pianoro
del Col du Midi (4 h e 15 m).
Seguire la pista che scende al Ghiaciao del Gigante, traversando sotto il versante N del Tacul, o portandosi alla pista che 
scende dal Rif. Cosmiques, in modo da evitare un largo crepaccio chiuso ma insidioso.
Scendere il Ghiacciao del Gigante, saltando varie crepe e poi in piano arrivare alla zona di crepacci al centro del 
ghiacciaio.
Attraversarla con cautela, crepacci molto larghi e ponti di neve insicuri data l'ora del pomeriggio in cui ci si arriva.
Se il percorso è precluso da ponti crollati tornare indietro e prendere la traccia che sotto ai satelliti del Tacul
risale al Gran Capucin, attraversando la grande crepacciata superiore con vari zig zag, 
salendo al bacino superiore del ghiacciaio che presenta lunghe e strette fratture.
Attraversare tutto il bacino verso sinistra in leggera discesa, sotto la Tour Ronde e alla fine risalire il lungo 
pendio che porta verso il Col Flambeau, da cui saltando qualche crepa si arriva al Rif. Torino (3 h e 45 m).
Nota:

La Via normale italiana richiede una ottima preparazione e allenamento:
nello stesso giorno sono 3210 m di dislivello in salita in circa 10 h;
14,30 h per la traversata dal Rif. Gonella al Rif. Torino.
Ghiacciai e cresta aerea nella parte finale, ghiacciaio del Dome molto crepacciato, cresta di 
Bionnassay affilata ed aerea, discese ripide dal Mur de la Cote e dal Col du M. Maudit, zona di seracchi sotto al M. Blanc de Tacul, 
crepacci sul Ghiacciao del Gigante.
Partire dal Rifugio Gonella entro le ore 1, in modo da essere in vetta per le 8 ed effettuare la discesa 
per il Ghiacciao del Gigante entro le 16.
Il Ghiacciao del Gigante non va sottovalutato, data la grande quantità di crepacci nella parte 
centrale e l'ora tarda in cui lo si attraversa.
Le creste di Bionnassay e delle Bosses vanno percorse con molta attenzione in caso di presenza di ghiaccio.
Cresta delle Bosses (per l'Aiguille du Gouter)
La via normale francese per l'Aiguille du Gouter e la cresta delle Bosses (cresta nord-ovest) è 
certamente l'itinerario più facile e frequentato alla vetta più alta d'Europa.
La cresta è interamente nevosa, a tratti aerea ma quasi sempre ben tracciata e priva di vere difficoltà.
Nelle giornate di bel tempo una vera processione si snoda sui pendii del Dome du Gouter e lungo la 
cresta oltre il Refuge Vallot verso la candida cupola nevosa del Monte Bianco, tuttavia l'ascensione non può certo
definirsi una passeggiata.
Vi è un serio pericolo di caduta pietre salendo al rifugio del Goûter, al momento della traversata del Grand Couloir, e la 
successiva costola che conduce all’Aiguille du Goûter presenta rocce instabili e qualche 
passaggio su roccia (II) che può diventare più impegnativo se innevato, specie in discesa. 
Occorre tenere presente che la quota della vetta, molto più vicina ai 5000 metri che non ai 4000,
spesso unita ad un freddo intenso, può creare dei problemi di mal di montagna a chi non è acclimatato convenientemente.
                                Difficoltà:         PD ( II / 35° )
                                Dislivello:        800m + 1650m (T.Rousse) o 1450m + 1000m (Goûter)
                                Tempi:             2h + 6h-8h o 4h-5h + 4h-5h

A Les Houches parte la funivia per Bellevue (1794 m); la stazione superiore coincide con una fermata del trenino 
a cremagliera che sale da Saint Gervais al Nid d'Aigle  (2372 m), dove inizia l’escursione.
Il sentiero sale sotto la cresta delle Rognes.
Si seguono le ampie tracce che portano alla casetta forestale delle Rognes (2768 m); in alto preferire 
quelle che restano nel vallone, invece di quelle alte a sinistra, che conducono su un inutile faticoso 
tratto di rocce attrezzato.
Dalla casetta traversare a sud-est per nevai e sfasciumi fino a raggiungere la cresta che scende dall’Aiguille du Goûter, 
fiancheggiando il Glacier de Tete Rousse.
Si risale la cresta per facile sentiero con numerose svolte fino ad un cucuzzolo con ometto (3132 m) da dove, volendo, con 
un breve traverso a destra sull’elementare ghiacciaio, si raggiunge il Refuge de Tête Rousse (3167 m).  [2h]
Se si vuole proseguire direttamente per il Refuge du Goûter, si sale ancora per poco lungo la cresta 
rocciosa, quindi si traversa il ghiacciaio verso destra nella sua parte superiore, fino al centro dell’imponente 
bastionata che scende dall’Aiguille du Goûter.
Si raggiunge in traverso la cresta che forma il bordo destro orografico del grande colatoio che scende dalla 
cresta sommitale dell'Aiguille.
Si costeggia la cresta e si attraversa il canalone (Grand Couloir) nel punto più favorevole, dove dei cavi metallici possono servire 
d’assicurazione (raggiungibili però solo con neve abbondante, quando il fondo del canalone risulta 
inspessito).
Questo tratto è molto pericoloso e generalmente sottovalutato dagli alpinisti in transito; 
è necessario fare molta attenzione alle cadute di sassi, in modo particolare nelle ore calde della giornata e 
quando la parte superiore della costola è frequentata da altri escursionisti.
Raggiunto il crinale che delimita a destra il colatoio, lo si segue fino alla cresta sommitale, lungo tracce di sentiero e facili rocce 
(punti di II) a tratti instabili.
La parte superiore è attrezzata come una vera e propria via ferrata.
Si arriva così al Refuge de l'Aiguille du Goûter (3817 m).  [2h-3h]
Dal rifugio, superato un breve tratto nevoso ripido, si guadagna la cresta che si segue in leggera pendenza 
verso sud-est fino a scavalcare l'Aiguille du Goûter (3862 m), quindi a sinistra si seguono dei pendii più 
marcati (qualche crepaccio) verso il Dôme du Goûter.
Si lascia il panettone del Dôme a destra, si raggiunge una lieve depressione tra questo e la poco marcata Pointe 
Bayeux e si prosegue in lieve discesa fino al Col du Dôme (4240 m).
Da qui si risalgono i primi pendii della cresta delle Bosses fino a raggiungere il rifugio Vallot (4362 m). [2h-2h30]
Il rifugio dovrebbe essere dedicato ai ricoveri in caso di emergenza, in realtà lo si trova sempre sporco e 
gremito di persone.
Si segue da qui la cresta di neve, inizialmente per un dosso un po' ripido e quindi lungo il filo.
Si superano la Grande Bosse (4513 m) e la Petite Bosse (4547 m) lungo la cresta piuttosto stretta 
ma mai veramente affilata.
Più avanti si aggirano sulla sinistra i Rochers de la Tournette (4677 m) e quindi, dopo un tratto di pendio aperto, si raggiunge
la vetta lungo l'aerea cresta sommitale.  [2h-2h30]
In discesa si può seguire la via di salita oppure optare per la traversata verso l'Aiguille du Midì.


Cresta delle Bosses (per il Refuge des Grands Mulets ed il Grand Plateau)
L'accesso alla cresta delle Bosses dal Refuge des Grands Mulets rappresenta la via normale francese 
alternativa al Monte Bianco.
E' una bella salita tecnicamente facile ma piuttosto lunga, che si svolge in un ambiente glaciale purtroppo ricco di 
pericoli oggettivi (caduta di ghiaccio e moltissimi crepacci), che aumentano ulteriormente in discesa nelle calde ore pomeridiane.
Questa via viene ormai utilizzata quasi solo in primavera per le salite sci-alpinistiche: purtroppo la tendenza 
sempre più marcata ad avere inverni secchi e poveri di precipitazioni nevose ed estati molto 
calde rende il ghiacciaio impercorribile a causa dello spaventoso dedalo di crepacci che viene a 
crearsi già dal mese di Luglio. 
                              Difficoltà:           PD ( 40° )
                              Dislivello:          750m + 1750m
                              Tempi:               3h-3h30 + 6h30-7h30

Da Plan de l'Aiguille (2310 m, funivia da Chamonix) si segue un sentiero che raggiunge e costeggia una morena; 
la si scavalca e si attraversano i resti del glacier de Pélerins.
Si prosegue su sfasciumi traversando sotto l'Aiguille du Midì (attenzione, specie con isoterma 
alta, a qualche pericolo di caduta sassi) e lasciando sulla destra i resti della vecchia funivia des Glaciers 
(2414 m), sino a raggiungere il grande e complicato glacier de Bossons.
Sul ghiacciaio inizialmente pianeggiante ma parecchio crepacciato attraversando (di solito lungo delle tracce) il 
cosidetto Plan Glacier.
Si sale quindi a raggiungere la zona della Jonction.
Qui il ghiacciaio risulta letteralmente sconvolto da numerosissimi e pericolosi crepacci di ogni tipo e il passaggio non è 
mai semplice e privo di rischi; talvolta vengono anche poste delle scale sopra ai crepacci più pericolosi ma 
generalmente, specie negli ultimi anni, quando il passaggio diviene impossibile o comunque troppo 
complicato (già verso fine Luglio) il Refuge des Grands Mulets non viene più gestito.
Superata questa zona caotica, dopo un tratto pianeggiante si risalgono dei pendii nevosi meno crepaccati, quindi ci si porta a 
sinistra sull'isolotto roccioso che separa in due rami il glacier des Bossons, dove sorge il rifugio (3051 m). 
[3h-3h30]
Dal Refuge des Grands Mulets si ritorna sul ghiacciaio e lo si risale verso il Dôme du Goûter.
Dopo un tratto iniziale piuttosto ripido (noto come les Petites Montées, qualche crepaccio), si raggiunge la zona 
pianeggiante del Petit Plateau (3650 m), particolarmente esposta alle cadute di ghiaccio dai minacciosi seracchi 
soprastanti. [1h30]
Dopo un'altra rampa ripida (Grandes Montées), si giunge a una zona molto crepacciata (dove l'attraversamento 
può essere molto delicato; di solito è meglio stare sulla destra) che precede la spianata del Grand Plateau 
(3980 m), ai piedi del versante nord del Monte Bianco. 
[2h30-3h]
Lo si attraversa stando sulla destra fino a guadagnare facilmente il Col du Dôme (4240 m).
Da qui si risalgono i primi pendii della cresta delle Bosses fino a raggiungere il rifugio Vallot (4362 m). [0h30]
Si segue da qui la cresta di neve, inizialmente per un dosso un po' ripido e quindi lungo il filo.
Si superano la Grande Bosse (4513 m) e la Petite Bosse (4547 m) lungo la cresta piuttosto stretta 
ma mai veramente affilata.
Più avanti si aggirano sulla sinistra i Rochers de la Tournette (4677 m) e quindi, dopo un tratto di pendio aperto, si raggiunge
la vetta lungo l'aerea cresta sommitale.  [2h-2h30]
In discesa si può seguire la via di salita (specie in primavera), oppure scegliere tra la traversata verso 
l'Aiguille du Midì o la discesa per l'Aiguille du Gouter.

Cresta nord-est (traversata dall'Aiguille du Midì)
Si tratta di un itinerario di grande panoramico, in ambiente glaciale d'alta quota, da non sottovalutare perchè più lungo e
complesso della via normale francese dall'Aiguille du Gôuter.
La salita di neve o di ghiaccio non presenta difficoltà tecniche particolari, salvo il superamento dei seracchi e dei crepacci
del versante nord-ovest del Mont Blanc du Tacul e del ripido tratto finale del pendio che porta al col 
du Mont Maudit, dove si può incontrare a volte ghiaccio vivo.
Spesso viene percorso in discesa per il completamento della stupenda traversata del Monte Bianco, dopo la salita dalla
Cresta delle Bosses.
I pericoli oggettivi aumentano notevolmente in caso di forti nevicate, capaci di rendere valangosi i pendii del Tacul, del Maudit e 
del Mur de la Côte. 
                              Difficoltà:            PD+ ( 50° )
                              Dislivello:           100m + 1450m
                              Tempi:                0h30 + 6h-8h

Dall'Aiguille du Midì (3795 m, raggiungibile in funivia da Chamonix), dopo esser sbucati dalla galleria scavata 
nella roccia, si scende dapprima lungo una nevosa ed aerea cresta (attenzione a possibili crepacci in 
prossimità dell'attacco) normalmente attrezzata con una corda fissa, quindi lungo un più facile pendio che però 
all'inizio può presentare qualche crepaccio.
Costeggiata la base della rocciosa parete est dell'Aiguille du Midì, si raggiunge l'ampia conca nevosa del Col du Midì (3532 m, 0h30)
e da qui eventualmente, in pochi minuti, il sovrastante Refuge des Cosmiques (3613 m).
Ridiscesi al vasto plateau del Col du Midì (dove si può anche giungere dal rifugio Torino attraverso la Vallée 
Blanche, con una fatica supplementare di 2 ore e 300 metri di dislivello), si sale il versante nord-ovest del 
Tacul, dove quasi sempre (non dopo grosse nevicate) è presente una buona traccia, inizialmente in diagonale 
verso destra per attraversare pendii tagliati da muri di crepacci e seracchi (40/45°), raramente impegnativi (ed 
attrezzati); a volte, l'aggiramento del primo seracco (e poi di qualche altro crepaccio) può presentare qualche 
metro su pendio decisamente più ripido (50/55°).
In seguito il pendio diviene meno ripido e lo si affronta più direttamente, con qualche facile zig-zag; si supera 
un tratto dove l'inclinazione torna ad aumentare e si raggiunge la spalla occidentale del Mont Blanc du Tacul, 
formata dalla parte superiore della sua cresta ovest, nel punto dove questa si fa più orizzontale a formare 
un'ampia sella.
Dalla spalla si scende lievemente fino alla spianata del Col Maudit (4035 m).  [2h30-3h]
Ci si porta sulla verticale del Mont Maudit e si sale diritti verso la cima, al centro del versante nord, per 
pendii di neve (raramente di ghiaccio) ripidi solo nella parte alta (45°).
La crepaccia terminale a volte è molto aperta.
In alto si raggiunge il col du Mont Maudit, prima con un lungo traverso verso destra e quindi 
risalendo l'ultimo ripido pendio (50°) spesso ghiacciato e talvolta attrezzato con una corda fissa. [1h30-2h30]
Si lascia la vetta del Mont Maudit sulla sinistra e, dalla sella nevosa, una traversata a mezza costa ed una 
nuova leggera perdita di quota portano fino al Colle della Brenva (4309 m).
Si attraversa il piccolo plateau stando ben lontani dalle grandi cornici protese sul versante italiano e quindi
si supera il ripido (40°) Mur de la Côte.
Proseguendo lungo l'ampio ed arrotondato dosso nevoso della cresta nord-est, si sfiorano i Petits 
Rochers Rouges (4577 m) e il piccolo affioramento roccioso dei Petits Mulets (4690 m), raggiungendo infine 
la vetta.  [1h30-2h]
In discesa si può seguire la cresta delle Bosses o ripercorrere la non breve via di salita; 
in questo caso, giunti al col du Mont Maudit a volte il traffico suggerisce di evitare la discesa del pendio 
spesso ghiacciato (specie se non è presente una corda fissa) e di preferire invece una calata direttamente 
dalla cresta lungo un canalino nevoso che porta fino al centro del traverso successivo al pendio.
Dome du Gouter 4306 m
Per il Col du Dome e il versante est
Il Dôme du Goûter è una massiccia spalla nevosa a nord-ovest del Monte Bianco, caratterizzata da
un ampia cupola nevoso sommitale.
Per raggiungere il col du Dôme, da dove si guadagna la vetta per il breve e facile versante est, la
via di salita ricalca la prima parte della via normale francese dal refuge du Goûter al Monte
Bianco, il più facile e frequentato intinerario per la vetta del Bianco.
Il percorso fino al Dôme non è che una camminata su ghiacciaio priva di difficoltà, ma non devono essere
sottovalutati i pericoli di caduta di pietre nell'attraversamento del Grand Couloir, durante
la salita al Refuge du Goûter.
La successiva costola che conduce all’Aiguille du Goûter è l’unico tratto che richiede attenzione su
roccia: non difficile tecnicamente, presenta alcune rocce instabili e qualche passaggio (II)
che può diventare più impegnativo se innevato.
Spesso la salita al Dôme viene effettuata al ritorno dal Bianco, anche per il bel panorama
che si gode dalla vetta.
                                Difficoltà:      PD ( II / 30° )
                                Dislivello:     800m + 1150m (T.Rousse) o 1450m + 500m (Goûter)
                                Tempi:          2h + 4h-5h o 4h-5h + 2h
A Les Houches parte la funivia per Bellevue (1794 m); la stazione superiore coincide con una fermata del trenino
a cremagliera che sale da Saint Gervais al Nid d’Aigle (2372 m), dove inizia l’escursione.
Il sentiero sale sotto la cresta delle Rognes.
Si seguono le ampie tracce che portano alla casetta forestale delle Rognes (2768 m); in alto preferire
quelle che restano nel vallone, invece di quelle alte a sinistra, che conducono su un inutile e faticoso
tratto di rocce attrezzato.
Dalla casetta traversare a sud-est per nevai e sfasciumi fino a raggiungere la cresta che scende dall’Aiguille du Goûter,
fiancheggiando il Glacier de Tete Rousse.
Si risale la cresta per facile sentiero con numerose svolte fino ad un cucuzzolo con ometto (3132 m) da dove, volendo, con
un breve traverso a destra sull’elementare ghiacciaio, si raggiunge il Refuge de Tête Rousse (3167 m). [2h]
Se si vuole proseguire direttamente per il Refuge du Goûter, si sale ancora per poco lungo la cresta
rocciosa, quindi si traversa il ghiacciaio verso destra nella sua parte superiore, fino al centro dell’imponente
bastionata che scende dall’Aiguille du Goûter.
Si raggiunge in traverso la cresta che forma il bordo destro orografico del grande colatoio che scende dalla
cresta sommitale dell’Aiguille.
Si costeggia la cresta e si attraversa il canalone (Grand Couloir) nel punto più favorevole, dove dei cavi metallici possono servire
d’assicurazione (raggiungibili però solo con neve abbondante, quando il fondo del canalone risulta
inspessito).
Questo tratto è pericoloso e generalmente sottovalutato dagli alpinisti in transito;
è necessario fare molta attenzione alle cadute di sassi, in modo particolare nelle ore calde della giornata e
quando la parte superiore della costola è frequentata da altri escursionisti.
Raggiunto il crinale che delimita a destra il colatoio, lo si segue fino alla cresta sommitale, lungo tracce di sentiero e facili rocce
(punti di II) a tratti instabili.
La parte superiore è attrezzata come una via ferrata.
Si perviene così al Refuge de l’Aiguille du Goûter (3817  m).  [2h-3h]
Dal rifugio, superato un breve tratto nevoso ripido, si guadagna la cresta che si segue in leggera pendenza
verso sud-est fino a scavalcare l'Aiguille du Goûter (3862 m), quindi a sinistra si seguono dei pendii più
marcati (qualche crepaccio) verso il Dôme du Goûter.
La cima può essere raggiunta direttamente, ma più sovente viene raggiunta dal colle alla sinistra del panettone
sommitale: si lascia il panettone del Dôme a destra, si raggiunge una lieve depressione tra questo e la poco
marcata Pointe Bayeux e si prosegue in lieve discesa fino al Col du Dôme (4240 m).
Poco prima di raggiungerlo, dalla traccia principale per il Monte Bianco si stacca sulla destra quella che, risalendo il
facile pendio nevoso del versante est, permette di guadagnare in pochi minuti l'ampia spianata della vetta.  [2h]
In discesa la soluzione più semplice consiste nel seguire la via di salita, oppure si può optare tra la
via normale italiana per il rifugio Gonella o, raggiunta la cima del Bianco, la bella traversata verso l'Aiguille
du Midì .
Cresta delle Bosses (per il rifugio Gonella e il Col des Aiguilles Grises)
La salita al Dôme per la cresta ovest rappresenta la prima parte della via normale italiana al Bianco.
Più varia e non elementare quanto la via francese, non deve essere affrontata con leggerezza.
La frequentazione è sufficiente da lasciar sperare in una traccia, ma non deve essere sottovalutato l’impegno richiesto per
l’attraversamento delle zone più crepacciate, né l’eventualità di trovare il ghiacciaio in condizioni di obiettiva impercorribilità, in
particolare a stagione avanzata.
Attenzione anche alle cornici che possono complicare la salita del tratto di cresta tra il Piton des Italiens e il Dôme.
Una volta raggiunta la vetta, la quasi totalità delle cordate prosegue alla volta del Monte Bianco.
                              Difficoltà:          PD+ ( I / 40° )
                              Dislivello:         1400m + 1300m
                              Tempi:              4h-5h30 + 4h-6h
Dal ponte di Plan Lognan (1670 m) in val Veny, lungo la strada dapprima asfaltata e poi sterrata, si raggiunge
la conca erbosa dove sorge il bar Combal (1970 m). [1h]
Da qui si segue il sentiero che guadagna il filo della morena laterale destra del ghiacciaio del Miage che si
percorre sino al suo termine.
Si raggiunge il centro del ghiacciaio (qualche crepaccio, in genere non pericoloso).
E' anche possibile giungere a questo punto seguendo il bel sentiero che evita la strada asfaltata
iniziale: dall'area pic nic Miage di Plan Veny (1565 m), dopo aver superato la deviazione per il rifugio Monzino,
si passa dal lago delle Marmotte (1957 m) e si raggiunge il ghiacciaio a quota 2150 metri (stesso tempo di
percorrenza).
Si percorre, rimanendo al centro, tutto il lungo ghiacciaio, spesso coperto da pietre e detriti
morenici, seguendo le segnalazioni e gli ometti presenti (anche qualche pezzo di un aereo precipitato molti anni fa),
ed oltrepassando gli innesti (sulla destra) dei ghiacciai del Monte Bianco e del Dôme.
Giunti in vista dei contrafforti delle Aiguilles Grises, la pendenza aumenta ed è necessario spostarsi a sinistra per evitare
una zona piuttosto crepacciata, prima di raggiungere sulla destra la partenza del ripido sentiero per il
rifugio Gonella (2650 m).
Il sentiero, in parte attrezzato, sale in diagonale verso destra attraverso una zona di terrazze detritiche (Chaux de Pesse),
superando anche un piccolo nevaio prima di guadagnare lo sperone roccioso (corde fisse) che conduce al rifugio
(3072 m). [3h30-4h]
Dal rifugio Gonella, lungo delle tracce tra neve, sfasciumi e rocce, ci si porta sul ghiacciaio del Dôme.
In principio lo si risale stando sulla sinistra (qualche crepaccio, in genere è presente una buona
traccia), poi ci si sposta verso il centro: qui è necessario fare attenzione ai numerosi crepacci presenti.
In seguito si risale il ramo occidentale del ghiacciaio, di solito stando piuttosto sulla destra per
evitare anche qui i grandi crepacci che tagliano il pendio; raggiunto il bacino superiore si supera
(piuttosto sulla sinistra) la terminale e, per un ripido pendio (40°), si raggiunge il Col des Aiguilles Grises
(3811 m).
E' anche possibile arrivare a questo colle seguendo dal rifugio Gonella la rocciosa cresta delle
Aiguilles Grises, scavalcando o aggirando sulla sinistra i rilievi più marcati; percorso più sicuro ma un po' più
lungo e faticoso del precedente e di conseguenza poco frequentato, utile (specie per la discesa) nel caso in
cui il ghiacciaio del Dôme si trovi in brutte condizioni.
Si prosegue lungo la cresta di neve e facili rocce sino a raggiungere la poco evidente puntina
rocciosa del Piton des Italiens (4003 m), posto sulla cresta che collega l'Aiguille de Bionnassay al Monte Bianco.
Risalendo la cresta nevosa, che inizialmente si presenta piuttosto aerea e con qualche cornice, si
guadagna un'evidente spalla (4153 m).
Da qui, superato l'ultimo facile pendio nevoso, si raggiunge l'ampia vetta.  [4h-6h]
In discesa si può seguire semplicemente la via di salita, oppure scegliere tra la via normale francese per
l'Aiguille du Goûter oppure, raggiunta la cima del Bianco, la bella traversata verso l'Aiguille du
Midì.
Dente del Gigante 4014 m
Via normale, parete sud-ovest
Il Dente del Gigante, erto ed aguzzo obelisco roccioso, sorge all'inizio della cresta di Rochefort ed è ben visibile e
riconoscibile sin da Courmayeur.
La sua via normale è una tra le più famose scalate delle Alpi, oggi facilitata da corde fisse che
abbassano le competenze tecniche di arrampicata necessarie dal V+ al III+.
Un itinerario di splendida esposizione, molto bello, su roccia ottima; molto frequentato.
Dato l'orientamento della parete è consigliabile partire tardi, anche per non rischiare di trovare le corde
fisse ghiacciate.
Fare particolare attenzione al brutto tempo: in caso di temporali l'intera guglia è un pericoloso parafulmine naturale.
Possono essere utili le fettucce per assicurarsi ai canaponi in caso di bisogno.
Per una migliore acclimatazione, anzichè salire direttamente dal fondovalle con la prima funivia del mattino per
compiere l'ascensione (oltretutto se non si è abbastanza veloci si rischia di perdere l'ultima
corsa di discesa) è consigliabile pernottare al rifugio Torino la sera precedente.
                                Difficoltà:    AD- ( III+ ) ; senza corde fisse D  (V+)
                                Dislivello:   700m
                                Tempi:        3h30-4h
Dal rifugio Torino (3375 m, raggiungibile in funivia da Courmayeur) si attraversa il plateau del Colle del
Gigante, ci si porta alla base delle Aiguilles Marbrées (da aggirare sulla sinistra) e si risale quindi il
ghiacciaio in direzione del dente; punto di riferimento l’evidente canalino nevoso che incide la bastionata
rocciosa sottostante la Gengiva.
Ci si porta sulla cresta superiore di questo contrafforte roccioso risalendo direttamente il canalino nevoso (45°) oppure
tenendosi sulle facili rocce della sua sponda sinistra.
Da questa cresta secondaria si segue un sistema non difficile, a tratti delicato, di canalini e
roccette rotte miste a neve, obliquando verso destra fino a raggiungere la cresta principale e la base di un
gran gendarme, che deve essere aggirato sulla destra.
Si segue quindi la cresta di rocce miste a neve con alcune logiche deviazioni fino a raggiungere la conca nevosa
della Gengiva, alla base della parete sud del Dente del Gigante.  [2h-2h30]
Da qui, si costeggia a sinistra la base della parete fino a raggiungere una evidente scaglia staccata. E'
possibile risalire direttamente fino al bordo superiore della scaglia e quindi passare sulla parete della guglia
(chiodo) per poi raggiungere pochi metri più in alto un terrazzino dove si può sostare, attrezzato con un grosso
fittone con anello di calata; in alternativa (più complicato) è possibile proseguire lungo la cengia alla
base della scaglia, aggirare lo spigolino della parete principale e quindi risalirla interamente fino al
terrazzino di sosta.
Purtroppo la parte iniziale della via normale è stata interessata da un franamento che ha
leggermente modificato la via di salita; la linea migliore è ora attrezzata con spit.
Si sale dalla sosta per un altro paio di metri (III), quindi si inizia un lungo traverso a sinistra di una decina di metri,
attrezzato con un paio di chiodi, che porta fino all'imbocco di un ampio ed evidente canale di rocce
facili che solca la parte bassa della parete ovest del Dente; si sosta alla base del canale.
Si risale quindi il canale per tutta la sua lunghezza (40 metri circa), attrezzato con un solo chiodino in prossimità
dell'attacco; utili qui un friend e qualche fettuccia, anche se le difficoltà sono ancora abbastanza contenute (II/III).
In uscita è preferibile non risalire direttamente il diedro finale, ma aggirare il roccione alla testa del canale sulla sinistra; 
più facile anche se costringe (per evitare problemi di scorrimento di corde) a fare sosta su un chiodo invece che sul fittone
di calata, qualche metro più in alto.
Un paio di metri più in alto si trova un ampio terrazzo pianeggiante e l'attacco delle placche Burgener.
Le impressionanti placche della parete sud-ovest sono alte circa 45 m e interamente attrezzate con grosse corde di canapa, che
da questo punto non si abbandonano più fino quasi in cima.
Si risalgono le placche venate da profonde fessure (senza usare le corde III/IV) fino ad un piccolo
terrazzino sulla cresta ovest e ad un fittone, dove si sosta per la quarta volta.
Si prosegue lungo le corde, prima in verticale (tratto faticoso leggermente strapiombante) e poi in traverso a destra tagliando,
all'altezza di una serie di scaglie staccate, tutta la parte superiore della parete sud-ovest; si sosta alla
base di un grande camino, dove le corde ricominciano a salire.
Si risale una successione di camini in prossimità della cresta sud-sud-ovest (corde fisse o V/V+ faticoso);
si sosta al termine dei camini, su un terrazzino attrezzato con un nuovo fittone, dove
terminano i canaponi e il tratto verticale della salita.
Si prosegue quindi lungo una cengia e una crestina sulla destra che porta in prossimità di una targa e poi alla
base del salto terminale della Punta Sella.
Si supera il breve muro verticale (IV), poi una nuova cengia e di nuovo un muretto, fino ad arrivare in cima alla Punta
Sella (4009 m).
Si scende per un breve caminetto seguito da un saltino strapiombante, dove può essere utile
lasciare una fettuccia lunga per la risalita al ritorno.
Raggiunto l'intaglio tra le due cime si attraversa la breve crestina (raramente di neve affilata) e quindi si
supera direttamente l'ultimo salto verticale (III e corda fissa, oppure IV+) fino alla punta principale del
Dente (Punta Graham).  [1h15-1h30]
In discesa è possibile seguire le corde di canapa ma, specie in caso di traffico, può essere conveniente
procedere a calate in doppia.
Si può seguire con le calate la linea di salita oppure, dall'inizio dei camini, effettuare una doppia lunga (40 m) dalla parte
opposta dello spigolo, per raggiungere direttamente la sosta dove inizia il traverso; da qui con un'altra
doppia lunga (45 m) si arriva alla base delle placche Burgener.
Serve ancora una doppia lunga (40 m) per superare il canale e, dopo un breve traverso, un'ultima
brevissima calata (10 m) permette di raggiungere la Gengiva.
Di recente è stata attrezzata anche una linea di calate (lunghe) direttamente lungo la parete sud che
parte dalla sella tra le Punte Graham e Sella: soluzione comoda e veloce.
Punta Walker 4206 m
Via normale, versante sud-ovest
La Punta Walker è la vetta più alta delle Grandes Jorasses, splendida e grande montagna
tra le più importanti nel gruppo del Bianco e in tutto l'arco alpino.
Come per la Punta Whymper, la via normale è un lungo itinerario tecnicamente non banale che richiede esperienza
di alta montagna, impegnativo dal punto di vista fisico ed esposto a vari pericoli oggettivi.
In particolare bisogna prestare attenzione (soprattutto nelle ore pomeridiane) all'attraversamento del molto crepacciato
ghiacciaio di Planpincieux, dove talvolta si richiede intuito per l'individuazione della corretta linea di salita, dato che le tracce non
sono sempre evidentissime, e all'attraversamento dell'ampio couloir Whymper, che oltre a
presentare a sua volta dei crepacci può riservare cadute di sassi e ghiaccio dai pendii sovrastanti.
Nella parte alta della via, abbandonati i Rochers Whymper, si deve attraversare il plateau del ghiacciaio delle
Grandes Jorasses superiore minacciato da un grande e pericoloso seracco: qui bisogna essere
veloci ed attenti, ma se la temperatura rende il rischio di crolli particolarmente alto oppure se
a fine stagione il pendio finale della Walker presenta ghiaccio vivo è conveniente salire (e scendere)
alla Punta Whymper per gli omonimi Rochers e da qui traversare facilmente lungo la
cresta sommitale alla Walker.
                                Difficoltà:       AD- ( III / 45° )
                                Dislivello:      1250m + 1400m
                                Tempi:           3h-4h + 6h-7h
Da Planpinceux (1564 m), raggiungibile da Courmayeur lungo la val Ferret, si prende il sentiero (cartelli di
segnalazione sulla strada principale della valle) che attraversa, verso nord, dapprima boschi, poi prati
aperti disseminati di piante di mirtilli.
Per pendii erbosi si raggiunge la base della bastionata di rocce al di sotto del ghiacciaio di Planpinceux, in
corrispondenza di un vallone scavato da un gran torrente.
Lo si guada verso destra (attenzione in caso di abbondanza d’acqua) e si risale sull'altro lato una
costola rocciosa per tracce e facili rocce.
Si prosegue per tracce di sentiero lungo erba e rocce fino ad un caminetto attrezzato con una scala; lo si risale e
si prosegue su terreno più facile sino al limite della morena (ometti) sulla sinistra orografica del ghiacciaio
di Planpincieux.
Si segue la cresta della morena per quasi tutta la sua lunghezza lungo un sentiero, quindi
si traversa a sinistra un breve tratto detritico che può presentare ghiaccio o neve (attenzione alle eventuali
scariche dal ghiacciaio soprastante).
Si raggiunge la base dello sperone roccioso su cui si trova il rifugio Boccalatte-Piolti; rocce facili, qualche traccia ed
una serie di corde fisse (canaponi) permettono di risalirlo senza difficoltà, spostandosi progressivamente
verso sinistra.
Al termine di un ultimo saltino roccioso si trova il piccolo rifugio (2804 m). [3h-4h]
Dal rifugio Boccalatte si risale il breve salto roccioso soprastante, si attraversa a volte un piccolo nevaio e
si risale il successivo isolotto roccioso; lo si può anche salire direttamente, lungo una delle numerose
tracce di sentiero, tra terriccio e detriti.
Si raggiunge il ghiacciaio di Planpinceux e lo si risale sulla destra tra numerosi grandi crepacci (in annate
particolarmente secche può diventare impercorribile), costeggiando a sinistra la cresta dei caratteristici
Rognon de la Bouteille, che divide i ghiacciai di Planpinceux e delle Grandes Jorasses.
Superato qualche tratto ripido, nella parte superiore si punta a sinistra stando sempre attenti agli insidiosi crepacci che si
incontrano, fino a raggiungere a circa 3400 metri di quota i Rocher du Reposoir.
Il Couloir Whymper sulla destra è oggi irto di seracchi e la sua risalita non è più consigliabile.
Ci si porta dunque sul sicuro Reposoir; il punto di attacco è variabile secondo le condizioni della neve alla sua base, 
ma è in genere vantaggioso individuare un breve e caratteristico diedro obliquo che sale per qualche metro verso
destra, in prossimità dello spigolo inferiore destro dei Rocher.
Si sale quindi mantenendosi in genere in prossimità della sua cresta fino alla sua estremità
superiore (III all'inizio, poi in prevalenza II); le deviazioni, nonostante il buio, risultano sempre
piuttosto logiche.
Giunti al termine dei Rocher, la struttura del ghiacciaio risulta essere molto variabile ed è possibile trovare un pulito
pendio di neve così come seracchi particolarmente impegnativi da superare; a volte si trovano tratti di ghiaccio verticale attrezzati
con brevi spezzoni di corde fisse.
Si traversa quindi verso destra il largo e pericoloso Couloir Whymper: il canalone nevoso presenta un delicato attraversamento su
pendenze che toccano i 40/45°, con pericolo di scariche di roccia o ghiaccio.
Terminata la traversata, si deve superare un breve pendio un po' ripido per guadagnare un
piccolo canale che porta in poche decine di metri (II e punti di III) fino alla cresta dei Rochers Whymper.
[3h-3h30]
Risaliti i Rochers Whymper per un breve tratto, ci si porta a destra sul plateau inclinato del ghiacciaio
delle Grandes Jorasses superiore.
Lo si attraversa velocemente verso est facendo attenzione alle possibili cadute di blocchi di ghiaccio dal grande e pericoloso
seracco soprastante, fino a portarsi sotto al ripido pendio terminale di neve e rocce posto a destra dei
seracchi.
Ci si alza direttamente per il pendio, inizialmente su neve, poi sfruttando una crestina secondaria di misto (attenzione al ghiaccio); si
raggiunge infine la cima lungo un ultimo semplice tratto nevoso.  [3h-3h30]
E’ anche possibile, in alternativa a quest’ultimo tratto (specie in caso di isoterma alta o quando a fine
stagione il ripido pendio terminale della Walker presenta ghiaccio vivo) seguire l’intera dorsale
rocciosa dei Rochers Whymper fino in vetta alla Punta Whymper (vedi scheda), e guadagnare poi la vetta della
Punta Walker lungo la facile cresta sommitale.
In discesa si può seguire l'itinerario di salita, ma è oggettivamente molto meno pericoloso (specie nel caso di
isoterma alta) portarsi per cresta alla Punta Whymper, e da qui scendere lungo i Rochers Whymper (vedi Punta
Whymper), dove possono essere utili un paio di doppie, in modo particolare nel canale in cui si abbandona la
cresta e nel tratto appoggiato, ma più friabile, verso la base dei Rochers.
La discesa del canalone alla sinistra (scendendo) dei Rochers, è consigliabile solo con buone condizioni della neve.
Attenzione anche all'attraversamento del Couloir Whymper e ai numerosi crepacci sul ghiacciaio di Planpincieux.
Cresta ovest (traversata delle Grandes Jorasses)
Le Grandes Jorasses sono giustamente famose per la loro splendida parete nord anche se la traversata
per cresta dal Col des Grandes Jorasses alla Punta Walker, certamente più abbordabile tecnicamente,
rappresenta in ogni caso una bella salita di misto d'alta quota.
Salita non semplice ma elegante e logica che, accoppiata alla cresta di Rochefort,
permette di compiere una traversata di cresta completa ed appagante, oltre che esteticamente superlativa.
Ovviamente per un'ascensione di questo genere il meteo deve essere al bello stabile, ed anche la cresta deve essere
in buone condizioni: infatti, se troppo sporca di neve, l'impegno richiesto e le difficoltà aumentano
decisamente, anche in modo notevole.
Serve anche una buona esperienza per effettuare le varie corde doppie necessarie, spesso su ancoraggi da
verificare.
                              Difficoltà:          D ( IV / 50° )
                              Dislivello:         950m + 650m
                              Tempi:              8h-10h + 8h-11h
Dal rifugio Torino (3375 m, funivia da Courmayeur) si attraversa il plateau del Colle del Gigante, ci si porta
alla base delle Aiguilles Marbrées aggirandole sulla sinistra, e si risale quindi il ghiacciaio in direzione
di un evidente canalino nevoso che incide la bastionata rocciosa sottostante la Gengiva.
Ci si porta sulla cresta superiore di questo zoccolo roccioso risalendo direttamente questo canalino nevoso (45°) oppure
tenendosi sulle facili rocce della sua sponda sinistra.
Da questa cresta secondaria si segue un sistema non difficile di canalini e rocce rotte miste
a neve obliquando verso destra fino a raggiungere la cresta principale e la base di un gran gendarme, che
deve essere aggirato sulla destra.
Si segue quindi la cresta di rocce miste a neve con alcune logiche deviazioni fino a raggiungere la conca nevosa della
Gengiva, alla base della parete sud del Dente del Gigante.  [2h-2h30]
Si prosegue ora lungo il filo di cresta fino quasi all'anticima (3933 m); si aggira la punta sulla sinistra
oppure la si attraversa.
Alcuni chiodi e dei cordini di calata permettono di aggirare la punta senza problemi:
ci si può assicurare per discendere una decina di metri di ripido pendio spesso ghiacciato (50°) per continuare
poi l'aggiramento traversando su neve più comoda.
Riguadagnato il filo della cresta nevosa, qui particolarmente affilata, si prosegue superando un breve
passaggio in roccia.
Si aggira quindi sulla sinistra uno spuntone roccioso, abbastanza esposto, per riportarsi
subito dopo in direzione della cresta attraverso un breve canalino.
Per cresta si raggiunge la base delle rocce dell'edificio sommitale dell'Aiguille de Rochefort.
Si traversa subito un po' verso destra e si risale per facili cenge fino ad un evidente canale-diedro, non molto marcato;
lo si risale per rocce sovrapposte non difficili (II) ma che richiedono un minimo d'attenzione, sino a raggiungere un buon punto di
sosta.
Da qui occorre traversare a sinistra entrando in un canale spesso nevoso che, salendo dapprima
leggermente verso destra e poi più direttamente, conduce fino in vetta all'Aiguille de Rochefort. [1h30-3h]
Si scende ora lungo la sua cresta nord-est fino alla prima evidente depressione della cresta sommitale,
dirigendosi dapprima verso la slanciata cuspide rocciosa del Mont Mallet, quindi lungo un facile pendio che porta
al vasto plateau nevoso sottostante (3895 m).
Lo si attraversa in direzione di un'evidente elevazione nevosa della cresta, che deve essere salita direttamente (3936 m)
e non aggirata, superando anche un breve tratto roccioso lungo una fessura.
Si continua lungo la cresta lasciando sulla destra il pinnacolo roccioso del Doight de Rochefort; superatolo si riguadagna il filo per un
breve pendio un po' ripido.
La cresta nevosa termina contro il salto roccioso che costituisce la piramide finale del Dôme.
Si risale una costola rocciosa sulla destra (II) per un centinaio di metri, sin quando il canalone sulla sinistra non si restringe; attraversato
verso sinistra il canalone, si prende la crestina rocciosa che gli fa da sponda (II, roccia piuttosto
marcia) e la si risale direttamente fino alla cresta sommitale, che in breve porta in vetta. [2h]
Si scende per l'esile cresta nord-est del Dôme inizialmente ancora su roccia non del tutto solida,
quindi per un affilato tratto nevoso (cornici).
Un successivo tratto roccioso presenta un paio di gendarmi che vanno aggirati entrambi a sinistra su roccia buona.
Riguadagnata la cresta, la si segue raggiungendo senza problemi l'ampio cupolone nevoso della Calotte de
Rochefort (3976 m). [1h]
Si scende restando inizialmente sul filo di cresta, sino a portarsi in vista del Col des Grandes Jorasses sopra
un evidente salto verticale; da qui occorre effettuare una serie di doppie (almeno tre o quattro; cordini e
fettucce sono sempre da verificare) sulla sinistra, lungo il versante nord, finchè diviene possibile
guadagnare il pendio nevoso che degrada verso il colle ed il bivacco Canzio (3818 m). [1h30]
Dal bivacco Canzio per facile pendio nevoso ci si porta sotto il versante ovest della Punta Young, allo sbocco
di un evidente canale; si sale la parete sulla sinistra per rocce ripide e placche (IV) sino a raggiungere un
piccolo terrazzino.
Da qui sino alla vetta della Punta Young bisogna prestare attenzione ad alcuni chiodi,
cordini e fettucce che possono portare fuori dalla migliore linea di salita.
Si prosegue lungo delle fessure che salgono in diagonale ancora verso sinistra (IV) finchè non si raggiunge una zona di rocce più
facili, dove si continua a traversare obliquando a sinistra sino ad una rampa rocciosa (III) che conduce ad
un punto di sosta su un buon terrazzino.
Proseguendo la traversata orizzontalmente verso sinistra (i chiodi che si vedono sopra in verticale vanno ignorati) si è quasi
al limite della parete nord; raggiunta in lieve discesa la base di un diedro, lo si risale su roccia buona ma
talvolta con verglass (III+) per proseguire quindi più facilmente per rocce fessurate sino all'aerea cresta
sommitale ed alla vetta della Punta Young (3996 m).    [3h-4h]
Ora, lungo la cresta, si scende ad un intaglio appoggiando sul versante nord (possibilità di trovare
neve), dove alcuni cordini e fettucce segnalano il punto dove è necessario effettuare una doppia (lunga) nel
canale del versante sud che separa la Punta Young dalla Punta Margherita.
Nel calarsi occorre individuare sullo sperone roccioso che si ha sulla destra (est) una placca
incisa da una fessura (IV) che permette di oltrepassare lo sperone portandosi nel canalone che scende da una
forcella poco ad ovest della Punta Margherita.
Lo si risale brevemente per rocce rotte, a volte anche con ghiaccio, e ci si sposta sulla sua sponda a destra sino
a raggiungere una crestina.
Anzichè risalirla, si traversa a destra oltrepassando la base di un primo diedro sino a raggiungerne un secondo; lo si risale (IV)
raggiungendo la forcella poco ad ovest della Punta Margherita.
Volendo si guadagna in breve verso sinistra la bifida vetta, dove la puntina orientale è la più alta
(4065 m). [2h-3h]
Si torna alla forcella e si scende lungo il filo di cresta, molto esposto ed aereo ma ben appigliato (III),
attraversando la Punta Elena (4045 m), fno a raggiungere una sella.
Ora occorre superare (o aggirare a destra) un paio di gendarmi (III) per raggiungere un successivo
intaglio dal quale, appoggiando sul versante sud della cresta, si raggiunge la Punta Croz (4101 m).
Da qui la cresta diviene più larga e facile; si risale per neve e rocce rotte guadagnando la vetta della Punta
Whymper (4184 m).    [2h30-3h30]
Si scende lungo la nevosa cresta sommitale, non difficile ma stretta e piuttosto ripida (uno spuntone
roccioso si aggira sul versante sud) ad una sella, dalla quale un facile pendio nevoso porta in vetta alla Punta
Walker. [0h30]
Per la discesa la soluzione migliore consiste nel tornare alla Punta Whymper e scendere lungo i Rochers
Whymper dove possono essere utili un paio di doppie, in modo particolare nel canale in cui
si abbandona la cresta e nel tratto appoggiato, ma più friabile, verso la base dei Rochers.
La discesa del canalone alla sinistra (scendendo) dei Rochers, è consigliabile solo con buone condizioni della neve.
Attenzione anche all'attraversamento del Couloir Whymper e ai numerosi crepacci sul ghiacciaio di Planpincieux.
Dal bivacco Canzio al rifugio Boccalatte calcolare 12-16 ore; da qui (possibile pernottamento), per un buon
sentiero inizialmente attrezzato con corde fisse, si raggiunge in un paio d'ore la località di Planpincieux
(1564 m) in val Ferret (autobus per Courmayeur).