RELAZIONI SUPER VIE LAVAREDO Cima Grande

Tre Cime Lavaredo - Cima Grande: la Pellissier in libera per Bubu Bole
Primi salitori:  E. e M. Minuzzo (1967)
Prima salita in libera:  Mauro Bubu Bole (2003)
Difficoltà:  11 lunghezze (7b+, 7c, 8b, 8a, 7a, 8a+, 6c+, 6b, 6a, 4a, 5a)
Coefficiente Difficoltà: 9000      Coefficiente Globale:  11250
(50*21) +(40*22) +(40*23) +(50*22) +(40*21) +(50*23) +(40*20) +(40*19) +(50*18) +(40*5) +(40*10) = 8160 480m.
Rischio: R5
Altro cantiere chiuso in Tre Cime di Lavaredo per Mauro Bubu Bole.
Questa volta l'irrefrenabile triestino con la sperimentata tecnica di "lavoro a stadi" ha esplorato e
quindi effettuato la prima salita in libera (e in giornata) della via "Camillotto Pellissier",
sulla parete Nord della Cima Grande di Lavaredo (2999 m).
Una via aperta in artificiale dai fratelli Minuzzo nel 1967, e ora in libera valutata da Bole con difficoltà fino all'8b.
Dopo la prima libera della Couzy, 8b, (1999) e la prima ripetizione di Bellavista sulla Cima Ovest, 8c,(2002),
Via "Camillotto Pellissier", Tre Cime, by Bubu
Già nell’estate del ‘99 quando stavo provando la Couzy, dalla cengia di partenza avevo dato
un’occhiata a questa via, aperta da E. Mauro e M. Minuzzo nel 1967, in nove giorni trascorsi in parete,
e da loro dedicata a Pellissier.
Una via molto facile da trovare! Da tre metri dall’attacco parte una raffica verticale di chiodi a pressione
fino al termine delle difficoltà, dopo circa trecento metri dalla base.
E' sempre con il caro Riccardo Milani, reduce della scorsa estate passata nella cantina delle Tre Cime
la scomoda e fredda sosta sotto il grande tetto della Ovest da dove parte il tiro duro di Bellavista... (posto perfetto per
appenderci i salami e mantenere fresco del buon vino), che nei primi giorni di luglio partiamo
per questa sequenza di trazioni tra un chiodo e l’altro.
In due giorni ho riattrezzato le soste con due nuovi spit, mentre nei tiri ho lasciato la chiodatura originale.
Una chiodatura abbondante, ogni 70-80 centimetri, ma quei chiodi, a volte, sono nella roccia solo per
qualche millimetro, e tutti immancabilmente rivolti verso il basso.
Buoni per appendersi ma non saprei se tengono dei voli, anche piccoli.
Fino al grande tetto avevo fissato una corda statica, da sosta in sosta, per poter scendere facilmente alla base,
ma anche per provare i tiri in libera, da solo con un bloccante ventrale, vista la perfetta verticalità della via.
Dopo alcuni giorni di sali e scendi passati da solo in parete per trovare le sequenze migliori per la libera,
in compagnia del Ghin di Domegge che si è cortesemente offerto di assicurarmi, sono riuscito a liberare tutti i
tiri da capocordata.
Poi mancava l’assalto finale per la salita di tutta la via in libera e in giornata.
Venerdì primo agosto, ormai una regola, parto alle quattro di mattina da Trieste per non pagare il pedaggio della strada
che porta al rifugio Auronzo, ed in compagnia di Kurt Aster, come in un incantesimo riesco a salire tutta la
via, nonostante le poche ore di sonno della notte prima… 
Ma per fortuna ogni tanto arrivano quelle giornate dove si sente quel “clik” dell’interuttore che si accende… e allora
bisogna andare perché è il momento giusto.
La gratificazione più grande però non è stato il decimo grado di conclusione, ma sicuramente la
bellezza della via con roccia stranamente sana e con sequenze di movimenti quasi fossero disegnati...
insomma una via di grande soddisfazione.
Nelle scure e verticali pareti delle Tre Cime ho trascorso sempre dei periodi indimenticabili,
tra amici, temporali, appigli che saltano via, grossi spaventi… 
Nonostante tutto amo questo posto e sento quasi di far parte di questa piccola-grande parentesi delle Dolomiti,
però per tornarci devo sempre trovare qualche cosa che mi accenda come un “cerino”… 
Allora parto a “manetta”, anche se le possibilità della libera, piano piano, si stanno esaurendo.
Ho appena terminato questa via, ma adesso ho già voglia di partire per un altro viaggio nel grande giallo…
l’ho già binocolata… e sarà sicuramente un’altra storia di magia verticale.
Mauro Bubu Bole

Versione  Originale dei primi Salitori - PER PARETE NORD

                                      (VIA CAMILLOTTO PELLISSIER)

Primi salitori:  E. Mauro e M. Minuzzo, 20-29 VII 1967

Difficoltà:   6°+ e  A

Dislivello:  480 m.

Materiale:  usati 50  ch. e  8 cunei

Tempi:   8 bivacchi

Salita dedicata al solitario conquistatore del Kanjut Sar Camillotto Pellissier.

La via si svolge nel settore orient. della parete, secondo una linea rettilinea, resa possibile da un impiego quasi sistematico di ch. a espansione, indispensabili in relazione al continuo forte strapiombo fino a c. 270 m. dalla base.

Seguono altri 160 m. di 6° e poi un'arrampicata meno impegnativa sulle successive lastre grigie.

L'attacco si trova a c. metà tra la Via Hasse-Brandler e lo Spigolo Dibona, su un sistema di rocce biancastre, in corrispondenza di alcune scaglie frastagliate appoggiate alla parete.

Superare una prima rientranza arrotondata, di c. 20 m. (ch. a espans.;  A), dopo i quali si sale in parete levigata e strapiombante

(a c. 30 m. piccolo terrazzino), che porta sotto una serie di tetti quadrati, ben visibili dal basso, che si superano al centro.

Qui finiscono i basamenti bianco-gessosi di Werfen, contraddistinti da molte scaglie malsicure e staccate che hanno richiesto un lavoro di pulitura (ch. a espans.; A).

Sopra i tetti la parete cambia colore ed è caratterizzata da una fascia di rocce scure e di durezza maggiore, che portano sotto strapiombi arrotondati, da superare direttamente (ch. a espans.;  A).

Nei successivi 40 m. lo strapiombo presenta una sensibile accentuazione in una grande arrotondata pancia (ch. a espans.; A), seguita da 100 m. di una verticalità assoluta, privi di particolari riferimenti, superati in tre giorni di lenta e faticosa progressione in arrampicata artificiale (ch. a espans.).

Pervenire così all'unico posto di sosta di rilievo (terrazzino di 40 cm. X 150 cm. sotto il grande e visibile tetto « a zeta », perchè costituito da due piani distanziati e collegati da un sistema trasversale.

Il superamento di questo enorme strapiombo, che rappresenta il tratto più difficile di tutta l'ascensione, ha richiesto una intera giornata, per friabilità e spugnosità della roccia e per lo strapiombo impressionante (ch. a espans.; biv. dei primi salitori).

Questo tratto rappresenta la fine di un sistema di colatoi; la roccia è impregnata di umidità e la tenuta dei ch. diventa dubbia (fino a questo punto sono stati percorsi c. 220 m. in A).

Seguono altri 30 m. levigati (ch. a espans.) adducenti a una piccola sporgenza di 20 cm., utilizzata per biv. (ch. a espans.).

Traversare ora verso sin. per c. 17 m., scendere di 2, raggiungendo un diedro che permette di superare in arrampicata libera c. 20 m. (intervallati da due buoni terrazzini, predisposti per l'assicurazione mediante l'impiego di 3 cunei, non lasciati).

20 m. di rocce rossastre obliquanti verso d., levigate e strapiombanti (ch. a espans.), adducono a un piccolo diedro nero strapiombante che, dopo 6 m., immette in una grande nicchia grigia (posto di sosta; ch.), superata la quale, traversando su rocce friabili per 2 m. e salendone altrettanti, si perviene ad un comodo posto di biv., 20 m. a sin. della base del caratteristico grande diedro di 200 m. nel quale si svolgerà il resto dell'arrampicata (ch. a pressione all'inizio del diedro; per superare questo primo tratto di 270 m. i primi salitori inpiegarono 9 giorni, in sistematica progressione artificiale con ch. a espans.).

Ora la verticalità della parete si attenua, il colore muta dal giallo al grigio dolomitico più articolato e il tracciato si svolge su un superbo diedro di 200 m. (2 tratti di A, intervallati da un buon posto di sosta).

Con 150 m. di arrampicata libera (chiodi di assicurazione) sulla costola esterna sin. del diedro, si perviene ad una gran nicchia (buon posto di sosta).

Per una serie di placche grigie levigate, di c. 60 m. (chiodi a pressione), si obliqua dapprima a d. e poi verso sin. e poi ancora a d. e poi diritti per 40 m. fino allo Spigolo Dibona, a 60 m. dal cengione della cuspide, e per questo in vetta.


Tre Cime - Cima Grande Lavaredo  "via degli spagnoli" per Bubu Bole
Stesso stile, stesse pareti per Mauro Bubu Bole.
 
Questa volta è toccata alla via degli spagnoli, storico itinerario in artificiale aperto dai
fratelli Gallego, insieme a Lozano, Carillo e Gomez, sulla immensa Nord della Cima Grande di Lavaredo.
Era il 1977 quando gli spagnoli tracciarono questa via sui gialli (un pò marci) della nord e dopo 26
anni ancora non si contava alcuna ripetizione... 
C'ha pensato Bubu dapprima salendo la via (in gran parte schiodata) da solo e poi "lavorandola", con il già collaudato
sistema, per salirla in libera.
Il secondo step non gli è però riuscito completamente causa lo scardinamento dell'unica scaglia fessurata sotto
il grande tetto del 3° tiro (Bubu se l'è ritrovata in braccio durante un tentativo).
Quindi, fatta di necessità virtù, per Bole è risultata una "libera" con tre punti in A0 proprio sotto quel malefico big tetto; 
con gli auguri che qualcuno, chissà, possa trovare il grimaldello per risolvere la mancanza di appigli.
Ora, dopo quest'ultima salita - la quarta di Bubu in Tre Cime dopo la prima libera della Couzy, 8b, (1999),
la prima ripetizione di Bellavista, 8c, entrambe sulla Cima Ovest, e la prima libera della "Camillotto Pellesier", 8b -
Bole ha dichiarato che con le mitiche nord delle Drei Zinnen ha chiuso.
Ma conoscendo il triestino... sarà poi vero?
VIA DEGLI SPAGNOLI, Tre Cime, by Bubu
Ormai siamo abituati alla solita visita dell'elicottero del soccorso alpino, che passa a controllare le
pareti nord delle Tre Cime per vedere se tutto è a posto.
A chiamarli c'è sempre qualcuno che, camminando per i sentieri della zona, si accorge che ci sono delle
figure colorate simili ad umani appese e ferme nel vuoto.
Sì... è vero... non è una cosa da ogni giorno vedere un qualcosa che assomiglia all'omino della "Michelin",
appeso nel vuoto, a duecento metri da terra, seduto su un seggiolino di legno, fermo immobile con un occhio enorme
(l'obiettivo della macchina fotografica) che segue un'altra figura colorata che sale al rallentatore ed
ogni tanto ridiscende rapida come un fulmine! 
Siamo sempre noi, i soliti funamboli del vuoto. 
E la solita storia: corda statica da duecento metri nel vuoto, Fabio Dandri che fotografa e filma, io
che arrampico e Riccardo Milani che mi segue; solo che questa volta fa veramente freddo e la roccia,
a tratti, è come un ghiaione verticale.
Sabato undici ottobre ormai è fine stagione: freddo becco con vento da nord, neve per andare all'attacco.
Però il tempo è buono, e allora dobbiamo approfittare di questo che forse è l'ultimo giorno decente per
documentare la mia ultima salita, sulla solita parete Nord della Cima Grande.
Infatti, una settimana prima avevo finalmente finito la ripetizione, diventata quasi un calvario,
con la salita integrale e quasi tutta in libera della via degli Spagnoli, aperta nel 1977 da M. A. Gallego, M. Lozano,
J. Carillo, A. Gomez., con uno sviluppo di 450 metri, a quel tempo valutata VI e A3.
Nuova entrata nel circo, il triestino Stefano Figliolia mi aveva accompagnato in quel "giorno più lungo"
sulla via.
Stavolta però, la natura mi ha dato uno "ceffone": non ha lasciato che liberassi il tetto del terzo tiro, completamente
privo di appigli.
Avevo risolto il problema mettendo tre cordini a mo' di maniglia nei chiodi del tetto, così con tre
sospensioni ero riuscito a collegare la parte bassa con l'uscita del tetto fino alla sosta.
Ma sento che comunque manca qualcosa.
Queste trazioni sui chiodi interrompono il gesto, forse più quello morale che quello fisico la roccia
però è così, bisogna saper accettare alcune sconfitte, e poi mai dire mai.
Forse un giorno qualcuno riuscirà a liberarla tutta.
Sicuramente la soddisfazione maggiore l'avevo avuta facendo la prima ripetizione e in solitaria della
via dopo ventisei anni dalla prima salita.
Sapevo, e la cosa non sembrava molto stimolante, che la via era stata completamente schiodata dai primi salitori,
che avevano tolto tutti i chiodi normali ed avevano lasciato in loco solamente gli spit.
Inoltre, non sapevo se negli anni scorsi qualcuno aveva già tentato la ripetizione.
Per cui non passava molta differenza tra ripetere una via così o aprirne una nuova.
Il motivo principale della decisione di provare a salire da solo, tutto in autosicura, era dato dalla
difficoltà -  comprensibile! - di trovare un compagno disposto ad assicurarmi ogni giorno, e per chissà
quanto tempo.
E poi ero tentato di provare qualcosa di nuovo, che non avevo mai fatto.
Avevo così passato diversi giorni su quella parete, e fatto diversi tentativi per trovare la salita
originale, visto anche che non avevo la relazione.
Ad aiutarmi era stata sicuramente la cattiveria da "vecchio lupo del giallo", tuttavia mi ero perso
diverse volte e avevo cacciato anche qualche bel volaccio.

Per prima cosa avevo preso la decisione di mettere degli spit nuovi alle soste, mentre nei tiri ho
aggiunto solo chiodi normali.
Poi, finita la ripetizione... ero già abituato a parlare da solo!... mi sono messo a provare le
sequenze della libera e a memorizzare i passaggi così poi, durante il "giorno più lungo", avrei
avuto la certezza di concatenare il tutto.
Devo dire che questi spagnoli erano proprio forti per quei tempi... sono riusciti a tirar fuori
proprio un "bel viòn", lungo una linea bella e logica.
Adesso, però, sono veramente stanco, e addirittura un po' stufo delle Tre Cime! 
Questa dovrebbe essere l'ultima delle grandi "artificialate" storiche, ma... quando si dice
la combinazione: mentre salivo in libera la via, pochi metri più in là, sulla destra, c'erano due
francesi che stavano aprendo un nuovo itinerario in artificiale!
Tra l'altro avevano con se una telecamera e così hanno filmato gran parte della mia salita, compreso
quel momento in cui, nella parte più strapiombante, mi si era rotto un appiglio... ma ero riuscito a
tenermi con l'altra mano... e in rotazione all'indietro con i piedi nel vuoto, avevo dato un paio di
manate all'aria finché ero riuscito a riprendere la roccia! 
Deve essere stato divertente vedere questa scena da circo! 
Poi, nelle soste, aspettando il compagno, riflettevo sulla via nuova dei francesi... ma forse,
ripensandoci bene... BASTA!!!
Adesso, l'unica cosa che dovrei fare è andare nel ghiaione sottostante la Nord, con un
metaldetector per recuperare tutti quei chiodi che mi sono caduti durante la salita, visto che
non è stata ancora inventata la terza mano che tiene fermo il chiodo mentre una stringe la
tacca e l'altra regge il martello.
Mauro "Bubu" Bole
Via "degli spagnoli"       Cima Grande di Lavaredo 2999 m   parete Nord
Primi salitori:  M. A. Gallego, M. Lozano, J. Carillo, A. Gomez (1977)
Prima ripetizione:  Mauro Bubu Bole da solo (2003), poi Bole l'ha ripercorsa in libera e 3 passi di A0.
Sviluppo:  450 m
Difficoltà:  13 tiri:  6b+, 7a+, 8a+ e 3 passi A0, 6c, 7c, 7c, 7a, 5+, 6a, 6b+, 6b, 6a, 5+
(40*19) +(30*21) +(40*23) +(30*20) +(60*22) +(40*21) +(40*10) +(30*18) +(30*19) +(40*19) +(30*18) +(40*10) = 8280
Coefficiente Difficoltà: 8280      Coefficiente Globale:  10350
Rischio: R5
Cima Grande, Tre Cime di Lavaredo,  ISO 2000
Primi salitori:  K. Astner, K. Brugger, 1998
Difficoltà:  7a+  (OBBLIGATORIO  6c)
Versante:  Nord
Lunghezza Dislivello:  500 m.  
Itinerario moderno aperto con spit e chiodi che si sviluppa a sinistra della Comici.
La via viene generalmente salita fino a metà, la seconda parte infatti è più friabile e meno chiodata. 
ACCESSO
Dal rifugio Lavaredo seguire il sentiero che conduce alla forcella Lavaredo.
Seguire una traccia verso sinistra che attraversa alla base delle pareti nord.
La via attacca a sinistra dello zoccolo della via Comici. 
DISCESA
Generalmente in doppia lungo la via. 
COMMENTI
Itinerario impegnativo, in cui ogni tiro va guadagnato, compresi quelli meno difficili, roccia buona e massima esposizione

VIA dei KOLIBRIS o dei SASSONI

Primi Salitori:  P. Kauschke, R. Siegert, G. Uhner in 17 giorni in invernale nel 1963

Difficoltà: 7c+ in libera, 6-6+ / A1-A2 continui

Coefficiente Difficoltà: 8255      Coefficiente Globale:  9906

(30*10) +(30*16) +(50*16) +(30*19) +(50*16) +(50*19) +(30*16) +(30*19) +(15*19)+(15*16) +(30*16) +(30*16) +(80*16) +(30*5) +(30*3) +(30*10) = 8255 560m.

Dislivello:  500 m.

Sviluppo:  560 m.

Rischio: R4

Versante:  Nord

Tempi:  14-18 ore con un bivacco possibile

Materiale:  chiodi normali e ad espansione per mancanti e/o sostituzioni  (utili cliff hanger) e staffe.

Via aperta con l'intento di stupire, con un aiuto anche dal basso, che risulta la più diretta e centrale.

E' quasi interamente in Artificiale, si tratta di una mirabile opera di muratura fatta in condizioni estreme.

I chiodi sono stati messi abbastanza bene, è ora possibile percorrerla in libera con difficoltà di 7c+.

Per chi vuole ripeterla in maniera tradizionale dovrà munirsi di chiodi normali e ad espansione per sostituire qualche chiodo precario o mancante.

L'attacco è a circa 60 m. a sinistra della via Comici ed in prossimità dell'attacco della via Hasse.

1-2) Salire un diedro poco marcato per 2 tiri di corda fino a raggiungere una cengia (5°-6° A0.)

3-4) Seguono altri 2 tiri che portano ad un'altra cengia (A1.)

5) Spostarsi di 2 metri a sinistra fino ad un tetto che si deve superare (A1-A2).

Superato il tetto obliquare a sinistra fino a un posto di sosta.

6) Proseguire diritti fino ad un altro piccolo posto di sosta (A1).

7-8-9-10)

Salire a sinistra della sosta verso e sugli strapiombi fino a giungere ad una scaglia (A1-A2).

11) Salire diritti fino a sotto un grande tetto ad un piccolo posto di fermata. (A1-A2).

12) Salire il tetto e piegare a sinistra fino ad una piccola sosta (A2 - 6°).

13) Salire prima diritto poi un po' verso destra per raggiungere un diedro che si scala fino ad un posto di sosta. (6° - A1).

14) Sa qui salire un po' a sinistra fino a un grande diedro giallo (6°).

15-16-17)

Seguire il diedro per 3 tiri di corda fino a quando sbuca all'inizio della grande gola (6°).

18-19-20) Seguire la gola fino alla cengia anulare (4° con passaggi di 5° +).

La via originale sale diritto fino alla cima, ma con rocce friabili, conviene invece seguire la cengia verso destra per raggiungere la via normale.


 

Via Marco Zambelli Franz
Primi salitori:  Ferruccio Svaluto Moreolo & Giovanni Zanettin  10/10/2006
Difficoltà:  7a    (OBBLIGATORIA  6b+)   Coefficiente Difficoltà: 4560      Coefficiente Globale:  5244

(30*18) +(30*3)+(30*8) +(35*8) +(35*19) +(30*19) +(25*18) +(35*21) +(30*3) +(50*18) =  4560 340m.

Versante:  Ovest
Sviluppo:  340m.
Dislivello:  320 m.
Rischio: R3
Via di tipo sportivo che si sviluppa sulla parete Ovest della Cima Grande, a sinistra della via Dulfer.
E' stata aperta tra la fine del mese di settembre e i primi giorni di ottobre 2006 con spittatura dal basso
(spit da 10 mm) più qualche chiodo.
E' stata liberata il 10 ottobre 2006.
L'arrampicata, a parte i primi tiri, è sempre molto esposta ed atletica vista la verticalità della parete;
la roccia è buona anche se ancora un pò da pulire.
ACCESSO GENERALE
I punti di partenza sono Cortina d'Ampezzo ed Auronzo raggiungibili da nord attraverso la
Pusteria e da sud con l'autostrada A27 e poi lungo la statale.
Per gli itinerari delle Tre Cime da entrambi i paesi si deve poi raggiungere Misurina, da Cortina valicando il Passo Tre Croci.
Infine da Misurina imboccare la strada a pagamento che risale fino alla base dei versanti meridionali delle Tre Cime.
Lasciare l'auto al parcheggio del rifugio Auronzo, dove termina la strada.
Per dormire l'ideale è pernottare al rifugio Auronzo o al rifugio Lavaredo, quest'ultimo si raggiunge
in 20 min. lungo la strada sterrata (chiusa al traffico) posto proprio sotto le pareti sud.
ACCESSO
Dal rifugio Auronzo salire alla forcella che divide la cima Ovest dalla Grande e scendere sul versante nord per circa 100 mt, 
all'attacco uno spit con cordone a sinistra della via Dulfer. 
DISCESA
A doppie lungo la via come da schizzo (sconsigliata) o lungo la via normale come via Dulfer: 
lungo la cengia circolare si raggiunge verso destra il percorso della via normale sul versante sud.
Scendere in un canale camino con due corde doppie da 50 m. 
Continuare arrampicando fino alle ghiaie sottostanti seguendo gli ometti verso sinistra e poi una
breve doppia in prossimità  di una forcella.
Raggiungere la forcella (versante sud-est) che si affaccia su un ripido canalone (est) che si può scendere
con numerose corde doppie o arrampicando. 
Il salto finale si evita traversando lungo una cengia verso sinistra e raggiungendo il canalone detritico 
che divide la Cima Grande dalla Piccola. 
MATERIALE
Portare 14 rinvii più qualche cordino e friends medio piccoli e due corde da 60 m. 
NOTE:   Roccia: buona un pò da pulire. 






















FONTE parziale delle Relazioni:  www.planetmountain.com e  www.climbubu.com)